Se dovessi scegliere un colore per descrivere lo Sri Lanka e le Maldive, sceglierei il verde per lo Sri Lanka e l’azzurro per le Maldive. In Sri Lanka la natura è rigogliosa e la fitta vegetazione sembra avvolgere tutto in un caldo e verde abbraccio tropicale. Le Maldive invece sono caratterizzate dall’azzurro intenso e sconfinato del loro mare, che sembra fondersi con il cielo. In questo articolo vorrei condividere alcune impressioni di un viaggio in questi due paesi, a cavallo tra il verde della giungla e l’azzurro infinito del mare. Alla scoperta di luoghi ricchi, oltre che di colori e natura, di tesori culturali e tradizioni millenarie, abitati da persone gentili e accoglienti.
Sri Lanka
Lo Sri Lanka si trova a sud del subcontinente indiano. Il suo nome viene dal sanscrito e significa isola che risplende. In precedenza veniva chiamato Ceylon, nome assegnato dai coloni portoghesi e poi mantenuto dagli olandesi e dai britannici. Viene anche definito come la perla dell’Oceano Indiano per la sua bellezza, oppure come la lacrima dell’India per via della sua forma e posizione sotto il subcontinente indiano. Ha circa 22 milioni di abitanti e le sue lingue ufficiali sono il singalese e il tamil. La popolazione è suddivisa tra la maggioranza buddista e una minoranza induista, musulmana e cristiana. Il paese ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1948. Ha vissuto una sanguinosa guerra civile tra il gruppo etnico singalese e la minoranza etnica tamil, un conflitto durato 30 anni e finito appena nel 2009. In seguito lo Sri Lanka ha visto una rapida crescita economica per poi piombare nuovamente in una grave crisi, prima a seguito della pandemia di coronavirus e infine la forte crisi economica del 2021 che ha colpito duramente il paese. Ora lo Sri Lanka si sta nuovamente lentamente riprendendo, anche se le difficoltà sono ancora tante e molte persone vivono sotto la soglia della povertà.
Appena arrivata, la prima cosa che mi colpisce subito è il colore verde e lussureggiante del paese. Già dall’oblò dell’aereo scorgo immense distese verdi di giungla. Il verde è onnipresente, e anche in città la vegetazione rigogliosa si fa strada tra il cemento. La seconda cosa che mi colpisce, è il traffico. Lo Sri Lanka è un paese relativamente piccolo, ma ci sono poche strade e costantemente invase dal traffico.
La capitale Colombo è una grande città abbastanza caotica, ma anche molto affascinante e vivace, con alcuni luoghi e monumenti interessanti da visitare. Per arrivarci prendiamo un tuk-tuk dall’aeroporto. Non è l’opzione più rapida e nemmeno quella più comoda. Ci mettiamo un’ora ad arrivare in albergo e in un primo momento rimaniamo un po’ sopraffatti dalla confusione e dalla polvere. Allo stesso tempo però osserviamo tutto ciò che ci circonda con il sorriso sulle labbra. La strada è piena di gente che cammina, tuk-tuk, auto, bus, un’infinità di cani randagi e a volte anche qualche mucca e qualche gallina. Arriviamo in albergo piuttosto impolverati, ma felici di essere in questo paese e pronti a esporarlo e conoscerlo. La città ci accoglie con il sole, e il cielo in questi primi giorni è quasi sempre azzurro, malgrado siamo ancora nella stagione delle piogge. Durante i giorni che trascorriamo qui, ci spostiamo quasi sempre in tuk-tuk o a piedi. Visitiamo il tempio buddista sul lago Beira, il Gangaramaya Vihara, il Pettah Market con le sue spezie, i suoi tessuti, gioielli e ogni tipo di souvenir e la moschea Jami Ul-Alfar in centro città, detta anche la moschea rossa. La sera, all’imbrunire andiamo al Galle Face Green, il parco di fronte al mare dove le famiglie e le coppie vengono a passeggiare e i bambini giocano con gli acquiloni. Accanto al Galle Face Green c’è anche un grande centro commerciale: scopriamo ben presto che anche questo è un luogo dove le famiglie e i giovani vanno a fare una passeggiata nel tempo libero. Io che di solito i centri commerciali non li amo, capisco che entrare qui può essere un momento di svago e di relax, nonché una pausa dal caldo e dal caos che fuori regnano sovrani. Anche noi cominciamo ad apprezzare la calma del centro commerciale e ci mischiamo alle persone del posto passeggiando e cenando qui. Già dai primi giorni in questo paese, una cosa mi è chiara: le persone sono di una gentilezza infinita, sempre pronte ad aiutarci e a darci qualche indicazione o semplicemente a scambiare qualche parola.


Dopo alcuni giorni nella capitale, ci dirigiamo verso Galle. Qui comincia l’avventura di guidare un auto in Sri Lanka. Ed è davvero un’avventura. Dopo aver esitato a lungo se percorrere lo Sri Lanka con i mezzi pubblici o con un auto a noleggio, alla fine abbiamo deciso di avventurarci nella guida di un’auto. È andata bene, ma devo ammettere che l’esperienza non è stata per niente facile, per via del traffico costante, le strade strette perennemente invase da ogni tipo di mezzo di trasporto, persone a piedi e in bicicletta, cani randagi e altri animali ovunque. Arriviamo a Galle all’imbrunire, sani e salvi, giusto in tempo per unirci alle persone locali in un bagno nel mare poco prima del calar della notte. Galle è una cittadina portuale nel sud-ovest dello Sri Lanka con un affascinante miscuglio di architettura coloniale olandese e con influenze portoghesi e inglesi. Siamo alloggiati a casa di una gentile famiglia vicino al forte, patrimonio dell’umanità UNESCO, ed è sulla tranquilla terrazza della nostra “guesthouse” che al mattino proviamo la nostra prima colazione “sri lankan style”: string hoppers, ovvero sottili noodles di riso accompagnati da lenticchie al curry piccantissime e roti al cocco (il roti è il pane tipico dello Sri Lanka simile alle piadina)… delizie di cui ormai non potrò più fare a meno per tutto il viaggio!

Dopo Galle, la nostra prossima tappa nel sud del paese è Mirissa, una piccola località costiera famosa per le sue spiagge tropicali. Qui passiamo tre giorni di mare e relax, anche se ora la pioggia ci perseguita un po’. Ci sono varie lunghe spiagge, l’acqua del mare è piuttosto agitata e anche qui c’è molta vegetazione, la giungla sembra congiungersi con l’oceano. Facciamo lunghe passeggiate osservando la vita del paese, esploriamo la vicina città di Matara e altri villaggi, e soprattutto facciamo grandi scorpacciate di riso al curry e kottu, e ormai penso non mi stancherò mai della deliziosa cucina dello Sri Lanka. Sono tre giorni di pace prima di proseguire verso il centro del paese e le sue colline rigogliose.

Nel centro dello Sri Lanka, soggiorniamo a Ella. Qui la stagione delle piogge e la natura si fanno sentire con tutta la loro forza. Per vari giorni ci svegliamo con un sole splendente e il cielo azzurro, ma alle tre del pomeriggio arriva puntualmente la pioggia. Il cielo diventa grigio e cupo, le nuovole bianche ci avvolgono come un mantello e nel giro di pochi minuti non si vede assolutamente più nulla, il verde della giungla viene sostituito da una spessa coltre di nebbia. E poi comincia la pioggia, così forte e imperterrita come non l’avevo mai vista. Sembra che cadano secchiate d’acqua dal cielo. È impressionante e sono anche un po’ terrorizzata che si verifichi qualche frana e non possiamo più uscire dal villaggio. Non ci resta che aspettare, riposare e meravigliarci ogni mattina della bellezza delle montagne una volta dissipata la nebbia e il buio. Ella e i suoi dintorni sono luoghi magici. Se già il resto dello Sri Lanka mi aveva impressionata con il suo verde, qui l’intensità di questo colore supera ogni limite. La natura è così rigogliosa che non mi stanco di osservare il paesaggio dal balcone del nostro “home stay”, che si trova praticamente in mezzo alla giungla. Al contrario di noi, i nostri “host” non si fanno impressionare dalla pioggia, e la sera il signor Sisilla ci porta in tuk-tuk fino al centro di Ella per cenare, lungo la stradina nella giungla ormai piena di fango e piante che invadono sempre di più il cammino. Sisilla vive qui con la moglie, la figlia di 8 anni e la madre anziana. Sono persone gentili e riservate che si prendono cura dei loro ospiti con grande impegno e cordialità, sempre pronti a dare qualche consiglio o qualche indicazione. Qui a Ella facciamo delle passeggiate, soprattutto al mattino, approfittando del bel tempo. Andiamo a vedere il famoso Ponte dei 9 Archi, un viadotto ferroviario costruito in epoca coloniale immerso in un meraviglioso paesaggio di piantagioni di tè e foreste tropicali. Visitiamo anche la cascata di Ella, conosciuta anche come Ravana Falls. Per raggiungerla ci incamminiamo lungo la strada principale tra Ella e Wellawaya. Durante il cammino ci intratteniamo con un gentile ragazzo che lavora in un piccolo bar sul ciglio della strada. Chiacchieriamo con lui in un inglese un po’ stentato, proviamo alcune delle sue specialità e poi ci spiega come proseguire e arrivare alla cascata in bus. È un’esperienza divertente e interessante: il bus coloratissimo con una musica locale a tutto volume sfreccia giù all’impazzata per varie curve fino ad arrivare alla cascata. Siamo gli unici turisti e la curiosità è reciproca, osserviamo e veniamo osservati da molte facce diverse, tutte con un sorriso timido e gentile.

Durante il prossimo viaggio in auto, passiamo dalla regione di Nuwara Elya e dalle piantagioni di tè. Un paesaggio pittoresco e magico che ci ricorda che lo Sri Lanka è famoso anche per il suo delizioso e pregiato tè. La vita però è dura nei campi e molte delle persone che sono state maggiormente colpite dalla crisi del 2021 sono donne che lavorano nella raccolta delle foglie del tè.
Infine arriviamo alla città sacra di Kandy, dopo un altro tragitto abbastanza terrorizzante e allo stesso tempo magico. Questa città ospita il tempio del dente di Buddha (Sri Dalada Maligawa), ed è uno dei luoghi di culto buddisti più sacri al mondo. Qui partecipo alla cerimonia all’imbrunire nel tempio, ed è un momento speciale e suggestivo che mi trasmette un grande senso di pace e bellezza.

Come ultima tappa di questo viaggio, arriviamo a Negombo, dove riconsegnamo finalmente l’auto a noleggio. Il nostro road trip attraverso lo Sri Lanka è stato bellissimo, stancante, a tratti stressante e difficile, ma sicuramente magico e indimenticabile. Ci manca ancora molto da vedere, il nord a maggioranza tamil con le sue tradizioni indù, l’est con le sue spiagge sconfinate, il tempio di Sigiria, i parchi nazionali con gli elefanti. Per questo, so già che un giorno torneremo, o almeno lo spero. Dopo il tramonto in spiaggia e un’ultima mangiata di curry alle verdure, l’ultima notte a Negombo è tranquilla e breve. Faccio fatica a lasciare lo Sri Lanka. Come sempre accade quando passo un periodo in un paese, mi affeziono e vorrei continuare a viverlo e conoscerlo più a fondo. Quindi, come da copione, l’ultima sera divento malinconica. L’indomani alle 5 del mattino però non ho più tempo per pensare, e dopo un’ultima e interessante conversazione con un giovane tassista che ci porta all’aeroporto e dopo un volo di circa un’ora, dal verde dello Sri Lanka ci ritroviamo catapultati nell’azzurro intenso delle Maldive.


Maldive
Le Maldive sono una piccola nazione composta da circa 1000 isole, delle quali solo circa 200 sono abitate. Si trovano nell’Oceano Indiano, sotto l’India del sud e lo Sri Lanka. La lingua ufficiale delle Maldive è il dhivehi, una lingua indoeuropea della famiglia del singalese parlato in Sri Lanka, con influenze arabe, persiane, urdu, hindi e tamil e che si scrive in un curioso alfabeto chiamato Thaana, unico al mondo, le cui lettere derivano dai numeri arabi e da lettere dell’arabo e del singalese.
Alle mie orecchie, la lingua dei maldiviani mi sembra dolce e pacata come le acque del loro mare. Le persone qui mi sembrano tranquille e riservate, parlano piano, quasi a bassa voce, e sembrano vivere muovendosi delicatamente, dolcemente e pacificamente.
Le Maldive sono suddivise in atolli, tra isole locali e isole resort. Queste ultime sono isole private dove ci sono solo strutture turistiche e non è possibile accedervi se non si è alloggiati nel resort. Finora non avevo mai pensato di visitare le Maldive: immaginavo solo i resort esclusivi dove i turisti vivono in una bolla artificiale di benessere e lusso totalmente segregati dalla realtà del paese e della gente. In seguito ho scoperto che da alcuni anni ci sono anche altri modi di visitare queste isole, che si può anche organizzare un viaggio autonomamente e vivere più da vicino la cultura locale. È così che abbiamo deciso di trascorrere alcuni giorni tra la capitale Malé e l’isola di Diffushi.
La capitale Malé è una delle città più densamente popolate al mondo, in continua costruzione ed espansione. È un luogo affollato, stretto, esotico, una giungla di cemento nel mezzo dell’intenso e infinito azzurro del mare. Visitiamo Malé durante alcune ore prima di partire per l’isola di Dhiffushi e l’ultimo giorno prima del nostro rientro in Europa. Appena atterrati, prendiamo un ferry pubblico dall’aeroporto e in 10 minuti arriviamo in centro città. Sono ancora un po’ triste di aver lasciato il caos allegro e a volte stancante dello Sri Lanka, ma ben presto mi lascio abbracciare e avvolgere da questo nuovo mondo. Malé ci appare subito caotica, trafficata, ma dopo l’ultima settimana passata in Sri Lanka, il traffico sembra comunque molto più ordinato e scorrevole: ci sono i marciapiedi, e tutto fluisce in modo tutto sommato abbastanza ordinato. Per ironia della sorte, pur trovandosi nel bel mezzo dell’oceano, a Malé non c’era una spiaggia, ed è così che il paese ne creò una artificiale, dove gli abitanti della capitale possono andare a rinfrescarsi e fare il bagno. In questa spiaggia assistiamo a una grande marea di famiglie, soprattutto donne e bambini allegri che fanno il bagno vestiti dalla testa ai piedi. Ci sediamo su una panchina ad osservare la vita della spiaggia di Malé e facciamo una breve chiacchierata con un gentile signore maldiviano seduto vicino a noi. Poi cammiamo per le fitte vie di cemento della città e arriviamo al mercato locale di frutta e verdura e al mercato del pesce. Attraversiamo il Sultan Park, un’oasi di verde e di pace con alcuni stagni e tranquilli sentieri ombreggiati, e passiamo infine davanti al vicino centro islamico e alla moschea. Le Maldive sono un paese musulmano che non permette la pratica di altre religioni. Il consumo e la vendita di alcolici sono proibiti, ad eccezione delle “resort island”. Le donne del posto portano quasi tutte il velo, alcune di loro indossano il velo integrale con il viso coperto e i guanti, seguendo la linea del salafismo, una corrente islamica ultraconservatrice che negli ultimi decenni ha guadagnato terreno in queste isole. Allo stesso tempo, notiamo ben presto che ci troviamo in un crocevia di lingue e culture, perché oltre ai maldiviani e ai turisti, che spesso però rimangono isolati all’interno dei resort, qui vivono e lavorano moltissime persone straniere. I lavoratori stranieri sono impiegati per lo più nel settore della costruzione, del turismo e della gastronomia. Il giovane cameriere che lavora nel bar del porto marittimo dove facciamo la nostra prima pausa è nepalese, ha 22 anni ma ne dimostra 16, ed è qui da solo un mese. Timido e gentile, ci dice che starà qui per due anni. Ci sono anche altri lavoratori nepalesi, bengalesi e di altre nazioni del Sud est asiatico, quasi tutti con un contratto di lavoro di due anni. Staranno alle Maldive per tutto questo tempo senza mai tornare a casa fino alla fine del contratto e comunicano per lo più in inglese, lingua franca tra i lavoratori stranieri e maldiviani. Incontriamo anche un’altra cameriera nepalese e una ricezionista dello Sri Lanka che ha il sogno di visitare la Svizzera. In una spa, chiacchiero con due impiegate balinesi, e una di loro mi dice che il suo contratto di lavoro alle Maldive sta per scadere e che tra un mese tornerà a casa dopo due anni di assenza. Sorride emozionata e felice al pensiero di tornare finalmente nella sua Bali. E poi il sorridente e gentile cameriere bengalese all’hotel di Dhiffushi, mentre nell’hotel dove alloggiamo l’ultima notte a Malé, i gestori parlano nepali e hindi. L’ultima sera andiamo al mercato notturno di Malé ed è tutto un miscuglio di persone e volti diversi, dai tratti indiani, arabi, cinesi e di altri paesi asiatici. Ci lasciamo trascinare insieme alla musica che accompagna questo esotico fluire di gente ed è una sensazione così forte e bella di luoghi sconosciuti e lontani, di lingue e culture lontanissime dal nostro mondo e che mi fa provare un desiderio irrefrenabile di immergermi nella fiumana umana e assaporare tutti i colori, i suoni e gli odori sconosciuti che mi circondano.
Un altro aspetto che notiamo già a Malé, ma in seguito anche nell’isola locale di Dhiffushi, è che ci sono costruzioni ovunque, il paese sembra essere in costante crescita. Si costruiscono edifici in ogni angolo rimasto libero. Mi chiedo cosa succederà a queste isole remote con i cambiamenti climatici, se e quando spariranno inghiottite dall’oceano per via dell’innalzamento del livello del mare, o come tutto cambierà con gli enormi e interminabili lavori di costruzione e continuo ampliamento anche nelle isole locali. Quello che è certo, è che è in corso una trasformazione.


Dopo Malé, decidiamo di trascorrere gli ultimi giorni di vacanza su un’isola locale. Abbiamo esitato molto nella scelta, indecisi se recarci su una “resort island” o un’isola locale. Per ragioni di tempo – avevamo solo 5 giorni – volevamo andare su un’isola che non fosse troppo lontana dall’aeroporto e raggiungibile in battello anziché in aereo. Inoltre, i resort sono ovviamente molto più cari, e alla fine abbiamo optato per Dhiffushi, un’isola locale a circa 45 minuti in speedboat, oppure 3 ore di ferry pubblico dalla capitale. Oltre al prezzo più economico, ci sembrava più interessante muoverci tra le isole come lo fa la gente locale e avere un piccolo sguardo sulla loro vita quotidiana. Da Malé abbiamo quindi preso un ferry pubblico per arrivare a Dhiffushi, facendo scalo nelle isole locali di Himmafushi, Huraa e Thulusdoo.
Dhiffushi non ha nulla da invidiare alle isole resort con i loro alberghi di lusso. Le sue spiagge sono bellissime, l’atmosfera è rilassata e simpatica e ci sono alcuni guesthouse e alberghi molto carini e accessibili. L’isola ha circa 1200 abitanti e in meno di 20 minuti la si può percorrere completamente a piedi. Non ci sono quasi distrazioni, a parte la semplice bellezza del mare. C’è una scuola, un asilo, una moschea, qualche piccolo negozietto, alcuni ristoranti e due campi da calcio. La vita qui sembra scorrere uguale, felice e tranquilla giorno dopo giorno. Io che sono sempre alla ricerca di mille attività per intrattenermi, che ho bisgno di fare sempre mille cose, di avere mille programmi, rimango eternamente affascinata da questa vita semplice e pacifica. È l’essenza dell’essere, del vivere nel momento. I bambini giocano tranquilli per le strade, le donne si lasciano cullare sulle sedie a dondolo e sulle amache e panchine sparse per il villaggio e davanti alle case. Al tramonto alcuni si tuffano in acqua, completamente vestiti, o fanno un picnic in famiglia sulla spiaggia.


Per me Dhiffushi è un paradiso di pace e bellezza, dove l’azzuro infinito del mare la fa da padrone. Oltre ai bagni nelle acque limpide e azzurre del mare e nuotare con le tartarughe e i pesci di ogni colore, osservare la vita pacifica delle persone a Dhiffushi è un’esperienza che mai potrò scordare. E anche dalle Maldive mi congedo quindi con un pizzico di nostalgia e una grande voglia di scoprire di più, insieme a un’enorme gratitudine per aver avuto l’opportunità di conoscere questo pezzetto di mondo e la sua gente. Shukuria, grazie!
