America Latina e Caraibi, Cuba

Lettere sparse – Piccolo dizionario incompleto di Cuba

Dopo il mio terzo viaggio a Cuba, sento il bisogno di scrivere, di ricapitolare, e sento che mi sto innamorando sempre di più di quest’isola, con tutte le sue contraddizioni, le sue sofferenze ma anche le sue bellezze, la sua musica, la sua natura, la sua gente. Nel 2016 visitai l’isola per un mese, percorrendola completamente da occidente a oriente con un’amica svizzera e un’amica cubana. Fu un’esperienza unica scoprire L’Avana, ballare in ogni dove, viaggiare in autobus e “taxi colectivos”. Nel 2019, poco prima della pandemia di coronavirus, vi tornai con il mio compagno Alexis, in un viaggio di due settimane “on the road” con un’auto a noleggio. E in aprile del 2023, a pandemia conclusa, ecco che torniamo insieme per un altro viaggio di due settimane. Non sappiamo bene cosa aspettarci, circolano molte voci sulla situazione difficile del paese sotto molti aspetti. La famiglia di Alexis che vive all’Avana cerca di spiegarci come la situazione, complicata già da prima della pandemia, si sia aggravata ulteriormente. Mancano molti prodotti, scarseggia la benzina, ci sono code ovunque per comprare qualsiasi bene di prima necessità e la gente è stanca, esasperata. Tra tutti i paesi che ho visitato in America Latina, Cuba per me è il più diverso da tutti, nel bene e nel male, e a tratti forse il più incomprensibile. Ogni volta torno indietro con più domande, più dubbi di quando sono partita. Un momento vedo il fallimento, il disastro che affligge il paese, e un momento dopo riesco a captare gli aspetti positivi che non esistono in altri paesi del continente latinoamericano. La situazione è difficile, è vero, manca tutto, scarseggiano medicinali, cibo e prodotti per l’igiene, la popolazione soffre. Eppure non c’è la povertà estrema che affligge molte persone in vari paesi del centro e sud America, o la criminalità e la violenza che ti fanno vivere costantemente in tensione. A Cuba non ho mai visto bambini abbandonati per le strade, lavorando o mendicando, o famiglie intere che dormono sui marciapiedi su pezzi di cartone sopravvivendo di elemosina come mi è capitato di vedere ad esempio in Brasile. O bambini che non vanno a scuola a causa di problemi economici. E allo stesso tempo, so che la sofferenza di Cuba è enorme, la mancanza di prospettive e di via di uscita porta la gente all’esasperazione. A volte percepisco Cuba come una piccola prigione a cielo aperto, dove le persone non hanno via di uscita e l’unica possibilità di migliorare la loro condizione è aspettare. Aspettare. Pazientemente. Con rassegnazione. Aspettare che arrivino i parenti dall’estero con un carico di regali o di denaro. Aspettare che arrivi un prodotto al supermercato. Aspettare il proprio turno. Aspettare che qualcuno decida di sposarsi o di invitarli in Europa o negli Stati Uniti procurando loro visto e biglietto aereo. Aspettare che le cose cambino. Aspettare. Aspettare, da ormai più di 60 anni, che il regime cambi. O aspettare che gli Stati Uniti tolgano il criminale embargo che soffoca il paese. Aspettare. E intanto la vita scorre, gli anni passano. E allo stesso tempo la gente continua a lottare, a sopravvivere, e anche a sorridere, a fare ciò che può, ad arrangiarsi, a “inventar”, a “resolver”, come dicono a Cuba. Per me Cuba è sinonimo di resilienza. O forse no. Forse è sinonimo semplicemente di andare avanti, forse un po’ per inerzia, a ogni costo, perché non c’è scelta, non c’è altra via. Eppure c’è anche tanta bellezza, e la gente continua a vivere, a ridere, a ballare, a sorridere, anche se il sorriso spesso è un po’ amaro. Se non la si vive da dentro, da normale cittadino che affronta la vita quotidiana di tutti i giorni, Cuba è impossibile da capire. Come turista, come viaggiatrice e compagna di un cubano espatriato in Europa da ormai 20 anni e che lui stesso fatica ormai a capire la sua terra, posso solo ambire a cogliere una minima parte dell’essenza, della bellezza e della sofferenza di questo paese.

Aldilà di tutto ciò che di bello c’è da vedere, dei monumenti, delle spiagge, ci sono soprattutto vite, ci sono persone, ci sono storie. Voglio raccontare alcune di queste storie, alcuni aneddoti, alcune immagini, alcuni pensieri, scegliendo una storia, un pensiero, un luogo o un aspetto di Cuba da descrivere partendo da alcune lettere dell’alfabeto. Un piccolo dizionario di Cuba, un dizionario limitato, soggettivo, incompleto, ma che forse può aiutare a dare una piccola idea, a volte bella, a volte tragica, a volte tragicomica, della più grande isola caraibica.

A come AIUTARE

Forse questa è una delle prime domande che sorgono sapendo della situazione difficile del paese: come aiutare? Non ho le risposte né la verità su cosa sia più giusto fare. Chi è contro il governo probabilmente dirà che andare a Cuba in vacanza è solo un modo di arricchire un governo che non fa niente per il suo popolo. D’altra parte si è visto chiaramente che l’assenza del turismo durante gli anni della pandemia ha aggravato ancora di più una situazione già critica. Non so quale sia la verità, non voglio entrare in temi politici su di chi sia la colpa della situazione, se degli errori del governo o delle inumane sanzioni americane. Credo che come sempre la verità stia un po’ nel mezzo, e che sicuramente le sanzioni americane sono un crimine e un sopruso inaccettabile. Anche se non è una soluzione a lungo termine, un grande aiuto a molti cubani proviene da chi ha lasciato il paese e manda soldi e beni di prima necessità a parenti e amici rimasti là, o da turisti che possono anche loro portare un aiuto, anche se piccolo. Al momento il governo cubano permette di importare medicinali, prodotti alimentari e di igiene personale illimitatamente, e spesso chi viaggia a Cuba entra nel paese con varie valige piene di beni da distribuire. Anche noi siamo arrivati con un carico di quattro valige. Non si tratta di una soluzione ai problemi del paese né della gente, ma è sicuramente un piccolo aiuto per portare un po’ di sollievo, anche se temporaneo, a molte persone.

B come BENZINA

La sera del nostro arrivo all’Avana, all’uscita dall’aeroporto la prima immagine che vediamo sono le code chilometriche alle pompe di benzina. Il tassista ci spiega che la situazione peggiora di settimana in settimana. Il serbatoio della sua auto è ormai quasi vuoto. Presto non avrà altra scelta che mettersi di nuovo in coda. Per una notte intera, aspettando, con pazienza, con rassegnazione, senza sapere quando finalmente potrà riempire il serbatoio e ripartire. Nessuno sa esattamente il motivo di questa carenza. La situazione era già critica l’ultima volta che siamo stati qui nel 2019, ma ora la mancanza di benzina sta letteralmente portando al collasso il paese. Si dice che la responsabilità sia in parte delle ultime sanzioni emanate da Trump nel 2016, ma anche da problemi di approvvigionamento di Russia e Venezuela, che forniscono la benzina. Si dice anche che il governo non abbia più soldi per pagare. Il giorno dopo il nostro arrivo vediamo altre code chilometriche, le pompe di benzina sono quasi tutte chiuse. Nessuno sa quando arriverà la “pipa”, il camion della benzina. Le persone dormono in auto anche due, tre notti, passano il tempo giocando a “dominó”, chiacchierando rassegnate. Per i turisti è un po’ diverso, scopriamo presto che in ogni città c’è una pompa di benzina riservata alle auto a noleggio, che a Cuba sono targate con la lettera T e quindi facilmente riconoscibili. A noi tocca “solo” informarci su quali sono le pompe di benzina per i turisti, e in alcune città metterci in coda e aspettare, a volte, per quasi un’ora. Ed essere sempre preparati a rifornirci di benzina in tempo, prima di arrivare ad avere il serbatoio semi vuoto. Inoltre, gli ultimi giorni del nostro viaggio era possibile riempire il serbatoio con solo 15 litri al massimo, e anche alcune pompe di benzina riservate alle auto a noleggio erano chiuse. Non semplicissimo quando si deve viaggiare per tratte molto lunghe, e non semplicissimo se si è un turista con poche conoscenze della lingua e del territorio. Ma nulla in confronto a ciò che devono affrontare ogni giorno le persone del posto.

C come CASA PARTICULAR

Che belle le “casas particulares” di Cuba. Le consiglio a tutti coloro che vogliono vivere Cuba un po’ più da “dentro” e avere un’esperienza più autentica. Ce ne sono di tutti i tipi e prezzi. Spesso si tratta di stanze con bagno privato all’interno di una casa dove si vivrà insieme a una famiglia cubana, ma ci sono anche appartamenti indipendenti. Per me sono la migliore soluzione per un viaggio a Cuba, molto meglio che alloggiare in hotel. Ho sempre fatto bellissime esperienze. Spesso è anche possibile ricevere la colazione e la cena per un supplemento di prezzo. All’Avana, quest’anno abbiamo alloggiato nella casa di Lidia, nel quartiere tranquillo del Vedado, ed è stato bellissimo far colazione ogni mattina sulla veranda chiacchierando con la proprietaria e i suoi assistenti.

E come ERNESTO CHE GUEVARA

La figura del Che è onnipresente a Cuba, e immagini e scritti della rivoluzione sono presenti ovunque. A Cuba non esiste la pubblicità, a differenza del nostro mondo capitalista non si vedono insegne né cartelloni, ma sparsi per tutto il paese vi sono scritte, murales e dipinti che inneggiano al Che, a Fidel Castro e alla rivoluzione. Tutte queste immagini del Che mi fanno pensare a un sogno spezzato e lontano, ma che resiste imperterrito nel tempo e che non si vuole arrendere mai. Una sensazione di nostalgia e amarezza allo stesso tempo.

F come FÁBRICA DE ARTE CUBANO

Luogo emblematico nel quartiere del Vedado all’Avana, la Fábrica de arte cubano era un’antica fabbrica di olio da cucina, che da alcuni anni è stata trasformata in un centro culturale, luogo di incontro per attività artistiche e musicali. Apre dal giovedì alla domenica ed è un luogo molto frequentato sia da turisti che gente locale. Vi sono esposizioni fotografiche, di pittura e di scultura, così come un bar e ristorante e corsi di ballo, dalla rumba cubana al più moderno afrobeat, e concerti di vari gruppi locali. L’entrata costa 250 CUP e si riceve una carta sulla quale vengono segnate tutte le consumazioni da pagare prima di uscire. Abbiamo passato una serata bellissima e diversa il primo sabato del nostro soggiorno, ed è un luogo che consiglio assolutamente di visitare per passare una serata all’insegna dell’arte e della musica.

M come MALECÓN

Lo storico lungomare dell’Avana. Qui la gente viene a passeggiare, si siede sul muro davanti al mare per rinfrescarsi con il vento dell’oceano, per chiacchierare, bere rum e ascoltare musica. In realtà non è un luogo bellissimo, ma un grande stradone trafficato con enormi e antichi palazzi ormai fatiscenti che si affacciano sul mare. Però è un luogo emblematico, storico dell’Avana. Guardare l’orizzonte da qui è bello e triste allo stesso tempo, ti dà un senso di nostalgia per il mondo aldilà del mare… come un sogno bello e irraggiungibile. Ma allo stesso tempo si ride e si scherza, si passeggia e si balla, come abbiamo fatto in una bellissima serata in famiglia.

R come REMEDIOS

Remedios è un paesino che mi è rimasto nel cuore. Qui sembra di essere catapultati in un mondo antico e magico. Le biciclette, i cavalli, le case coloniali. Remedios si trova nella provincia di Villa Clara, a circa un’ora di strada dalla storica Santa Clara, città del mausoleo del Che e della famosa battaglia che determinò la sconfitta del dittatore Batista. Si trova inoltre sulla strada per andare al famoso Cayo Santa María e le sue spiagge paradisiache, quindi la maggior parte dei turisti di solito fa solo una breve tappa di un paio d’ore a Remedios prima di proseguire per i resort del cayo. Noi decidiamo invece di fermarci una notte ed è un’esperienza bellissima. Remedios è una delle città coloniali più antiche di Cuba, fondata tra il 1513 e il 1524. È famosissima anche per la festa popolare delle Parrandas, oramai dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità, nella quale ogni anno gli abitanti si sfidano euforici tra carri e fuochi d’artificio. Alloggiamo alla casa particular della famiglia Moretón-Sánchez e sembra di essere in una fiaba d’altri tempi. La casa coloniale, dipinta di rosa e azzurro, con le colonne bianche nel salotto, le sedie a dondolo, la gentilezza del proprietario che ci accoglie con un sorriso gentile e ci fa vedere la nostra stanza, enorme, dalle pareti alte e il pavimento in piastrelle, due enormi e antichi letti con le lenzuola di pizzo rosa, due grandi finestre con le persiane in legno dipinte di giallo e azzurro che danno sulla terrazza e sulla stradina e le case di fronte, anch’esse coloniali. Dalla terrazza osserviamo la vita del paese, la cattedrale e i tetti delle altre case. Qui la vita scorre tranquilla, non ci sono quasi auto e la gente va in giro in bicicletta o a cavallo. C’è un’atmosfera rilassata e intorno alla piazza principale ci sono due centri culturali dove si organizzano attività dal giovedì alla domenica: teatro, danza, cinema.

S come SALSA

Come non parlare della musica, e in particolare della salsa. Cuba è musica per eccellenza. Salsa ma non solo. Ci sono moltissimi altri stili, dalla rumba, al son, al cha cha, ai più moderni reggaeton o cossidetto “reparto cubano”. La salsa deriva dai ritmi afrocubani che si sono mischiati ad altri ritmi latini e al jazz negli anni 60. In generale, la musica a Cuba è la grande regina, si può ballare o ascoltare un concerto dal vivo in moltissimi posti. Sicuramente è un cliché pensare che tutti i cubani sappiano ballare la salsa, ma il ritmo e la musica sono presenti ovunque, e per me Cuba sarà sempre sinonimo di ballo e musica. Ho adorato ballare in moltissimi posti dell’isola, e ci sono anche moltissime scuole di ballo dove è possibile imparare e praticare i vari balli cubani. Allegria pura, e puro sentimento.

V come VIÑALES E VARADERO

Due posti molto turistici e che quasi sempre rientrano nell’itinerario di viaggio di chi visita Cuba.

Viñales è un luogo idilliaco, in campagna, a ovest dell’isola, qui la gente viene in giornata dall’Avana o si sofferma per un paio di giorni in una delle numerose “casas particulares”, per visitare la “cueva del indio”, le piantagioni di tabacco o il “Mural de la prehistoria” di Leovigildo González Morillo, uno dei discepoli di Diego Rivera. Nel 2019 siamo arrivati fin qui in auto passando per i villaggi del nord, dando un passaggio a varie persone sul cammino. A Cuba infatti è ancora abbastanza comune dare passaggi a sconosciuti, per via della cronica mancanza di trasporto e di benzina. Ricordo ancora le signore che andavano a comprare il sapone e si erano appostate sulla strada di primo mattino. Quando siamo passati noi avevano già trascorso più due due ore aspettando pazientemente che qualcuno le portasse alla cittadina più vicina per fare qualche acquisto. Oppure il giovane militare di ritorno a casa per il weekend, che arrivava da un’altra provincia e aveva già trascorso varie ore di viaggio e di attesa… tra il viaggio di andata e il viaggio di ritorno gli sarebbe rimasto ben poco tempo da passare in famiglia. Oppure i lavoratori che andavano in servizio a un ristorante a Cayo Jutía e avevano già perso quasi tutta la mattinata di lavoro aspettando una possibilità di trasporto. E infine il contadino silenzioso con il machete al braccio che camminava tranquillo in una sperdutissima e desolata strada tra Cayo Jutía e Viñales. Di questa regione ricordo in particolare tutte queste persone, la natura dei campi, il verde rigoglioso e pacifico, la vista bellissima dalla terrazza del nostro alloggio, le sedie a dondolo davanti alle case, la tranquillità della vita di campagna.

Varadero invece è sinonimo di festa e mare e soprattutto turismo di massa negli hotel all inclusive. Non rispecchia sicuramente la difficile realtà del resto di Cuba ma è comunque una parte di essa. Nel mio primo viaggio non ho voluto andarci, mi sembrava troppo turistico e poco autentico. Nei seguenti viaggi invece ho visitato anche questa regione e ho capito che anche questa è Cuba, anche se più ricca e commerciale. È comunque sempre possibile combinare il lato più turistico con il lato più autentico. E poi il mare e le spiagge di Varadero sono bellissime, e se non si resta chiusi in albergo si può sempre scoprire la “vera vita” della regione, come il centro abitato di Varadero o le vicine cittadine di Matanzas e Cárdenas. E non da ultimo, quest’anno a Varadero ho ballato tantissimo, molto più che in qualsiasi altro posto a Cuba. Incredibili concerti di gruppi locali di salsa alla “casa de la música”, musica dal vivo per le strade e varie discoteche con musica latina a tutto volume. Un mix di turisti europei e americani, ma anche moltissimi cubani che vivono all’estero e tornano per le vacanze e a volte invitano qui le loro famiglie cubane per trascorrere alcuni giorni al mare. Devo ammettere che, lasciando da parte il lato turistico e forse più commerciale, l’ambiente è allegro e vivace e la musica e i balli a Varadero non me li scorderò facilmente.

Y come YEMAYÁ

Yemayá à la dea del mare, una divinità orisha nella santería, religione popolare cubana. Ecco che non posso fare a meno di non menzionare come ultimo capitolo una parte della cultura cubana che ha le sue radici nella cultura degli schiavi africani. Mi piace molto l’immagine di Yemayá, la madre di tutti gli esseri viventi, dea del mare e simbolo di purezza, fertilità e amore. Ma ci sono anche altre moltissime divinità, “orishas”, e questa religione sta rivivendo un auge soprattutto tra i più giovani. Sempre più persone tornano a praticare la santería e non è raro vedere persone totalmente vestite di bianco, o che indossano collanine e bracciali con i colori del proprio “santo” che li protegge. Per avere una piccola introduzione sulla religione afrocubana, consiglio il museo “Casa de Africa”, dove c’è un’esposizione delle varie divinità e dove una simpatica signora ci ha spiegato brevemente alcuni aspetti di questo credo e ci ha presentato i vari “orishas”.

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