Sono le 7.30 del mattino, il sole di Granada è già alto nel cielo e dopo 40 minuti di cammino per arrivare a scuola, sono già completamente sudata e ricoperta di polvere. I bambini arrivano in classe uno dopo l’altro e poco a poco le aule si riempiono. Come altri volontari, mi trovo in Nicaragua per dare una mano agli insegnanti della scuola pubblica. Visto che le classi sono strapiene, diamo una mano a seguire gli allievi, giocare con loro e aiutarli durante le lezioni. Sono qui già da qualche giorno ormai e a dire il vero ho già seri dubbi sull’efficacia del nostro lavoro di volontari. Mi sembra che regna il caos, le aule sono pienissime e ogni due giorni le lezioni vengono interrotte prima del tempo per svariati motivi…. dalla mancanza d’acqua, a qualche riunione dei professori, all’allarme terremoto.
Cerco di dare del mio meglio, ma in realtà mi sento un po’ sperduta e impotente in mezzo a questo caos allegro. Ci sono giorni in cui devo lottare con tre o quattro bambini piangenti e strillanti che mi si aggrappano al collo, cerco di tranquillizzarli, li abbraccio e li consolo como posso, siamo tutti appiccicati, sudati e ricoperti di polvere dalla testa ai piedi. A volte qualche cane randagio entra nell’aula aumentando il caos correndo insieme ai bambini e abbaiando, finché a fatica riusciamo a buttarlo fuori. Un giorno mi tocca accompagnare dal dentista un gruppetto di bambini e nella sala d’aspetto si scatena il putiferio. In men che non si dica perdo completamente il controllo della situazione, tra chi grida, chi cerca di scappare in strada, chi bisticcia e chi si mette a fare dispetti agli altri pazienti in attesa. Le mie urla e i tentativi di riportare la calma vengono sistematicamente ignorati, e più perdo la pazienza e grido, più i bambini sembrano non ascoltarmi. Tanto che a un certo punto interviene un signore lì presente, che dà uno scappellotto a uno dei miei allievi e gli dice con voce ferma: “Obbedisci alla maestra!”. Okey, mi sa che questa è l’ulteriore conferma che come insegnante faccio proprio schifo, ci avevo già provato un po’ di tempo fa e i risultati già allora non erano stati molto incoraggianti… non so perchè ma la mia persona non emana un minimo di autorità, e ogni mio tentativo di tenere il controllo di una classe inferocita si è sempre rivelato piuttosto vano.
In mezzo a questa baraonda mi appare l’immagine della direttrice della scuola, così in contrasto con il caos circostante e con l’immagine di me stessa cercando invano di riportare la calma. La direttrice è una donna sulla cinquantina, minuta, curata, veste sempre con una gonna marrone che le arriva alle ginocchia, e una camicetta nera, impeccabilmente stirata. Occhialini da vista eleganti e sobri, sguardo severo, i capelli nerissimi raccolti in una coda perfetta. La direttrice emana una calma e un’autorità totalmente in contrasto con l’ambiente che la circonda. Rimane impassibile di fronte alle grida dei bambini, la polvere e il caldo soffocante, i cani che corrono a destra e sinistra, ed è fermamente convinta dell’utilità del nostro lavoro di volontari. Il suo ottimismo sembra non avere limiti, e lo sguardo duro e fermo trasmette disciplina e autorità.
Me la ricordo così la direttrice, come una donna forte e colonna portante della scuola pubblica di uno dei quartieri più poveri della periferia di Granada. Ogni volta che sto per soccombere al caos e alle grida dei bambini, trafelata, sudata fradicia, sporca e coi capelli in aria, penso a lei, che solo con la sua presenza emana autorità e disciplina e perfezione, e mi viene da ridere.